
Questa mattina, mentre passavo davanti a una vetrina della catena Golden point, il mio sguardo viene attratto dal verde della pubblicità di una iniziativa a cui il punto vendita ha orgogliosamente aderito. Lo slogan recitava Un passo avanti! questa attività aderisce al progetto greencode: riduci i rifiuti, rispetta l'ambiente.
Il progetto greencode, che ha tra i suoi patrocinatori la regione Umbria, la Confcommercio e la Confesercenti, non può che essere in linea con la mia forte sensibilità ecologista, di rispetto e tutela dell'ambiente. Fin qui, nulla da ridire.
Ma quando passo davanti a un punto vendita Golden point, che boicotto da circa un anno, non posso fare a meno di pensare alla protesta delle operaie della Omsa (proprietà della Golden lady) che, partita nel 2010 da Faenza, va avanti disperatamente da più di un anno e, ben lungi dall'arrestarsi, si allarga ad altre realtà produttive, come quella abruzzese.
Qualcun* potrebbe domandarsi che ci azzecca il codice verde con le 320 operaie licenziate di Faenza, che hanno fatto partire su Facebook una campagna di boicottaggio contro i marchi di proprietà della Golden lady. Il collegamento, anzi la discrepanza tra una lodevole iniziativa ecologista e le politiche del gruppo in questione, per me è evidente.
Il progetto greencode, come leggo nella rassegna stampa, si propone di realizzare un commercio eco-sostenibile e di affermare il ruolo "educativo" delle attività del terziario nel promuovere comportamenti corretti sotto il profilo ambientale. Come si concilia l'eco-sostenibilità con il dislocamento delle attività produttive in regioni, quali la Serbia, tristemente note per il sottocosto della manodopera e leggi più permissive proprio in merito alle norme di tutela ambientale?
La Golden lady, proprietaria dei Golden point, pur non avendo un fatturato in passivo, chiude stabilimenti in Italia senza alcun tentennamento per trasferire la produzione in Serbia e poi aderisce a iniziative che vogliono affermare un ruolo "educativo" (per fortuna è tra virgolette) nelle attività del terziario e promuovere comportamenti corretti...sotto il profilo ambientale. E il profilo dei diritti di lavoratrici e lavoratori dov'è andato a finire? Ci si preoccupa della tutela dell'ambiente, ma non di quella dei diritti di chi lavora?
Qualcun* dovrebbe spiegare alla Golden lady che valori come il rispetto e la correttezza non sono scindibili in profili. Non ci si può ergere a paladini dell'ambiente e nel contempo orientare le proprie politiche aziendali a un profitto selvaggio che non tiene alcun conto dei e delle dipendenti. Altrimenti, anche quella che sembra presentarsi come una encomiabile iniziativa, finisce per puzzare di trovata pubblicitaria, con il risultato di far perdere credibilità alla causa che si vorrebbe sposare. Altro che un passo avanti! Per ogni passetto in avanti, seguono almeno due falcate all'indietro.
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