23/10/11

Aspettando l'autobus delle 22:02

Ieri sera stavo aspettando l'autobus delle 22.02 in via Canali, quando si sono ripetute in successione due scene identiche, a distanza di qualche secondo l'una dall'altra, che mi hanno voluta, mio malgrado, protagonista. Sì, lo so che via Canali non è proprio la Bervely Hills de noiantri e che è sconsigliabile avventurarcisi da sole appena fa buio. Lo so che è zona di passeggiatrici, che il centro massaggi cinese a pochi passi dalla fermata del bus è la copertura di un bordello e che con la dicitura massaggio romantico si allude a una prestazione sessuale a pagamento.
Ma io ero andata a trovare la mia amica, che chiamerò Pilar, che, pur conoscendo il traffico di via Canali, ha affittato lì una stanza in un appartamento che condivide con 3 giovanissime studentesse universitarie. Pilar è una migrante peruviana, ha 35 anni, un matrimonio fallito alle spalle e un figlio adolescente in Argentina. Lavora presso una ricca famiglia circa 8 ore al giorno per 700 euro al mese e si dice afortunada, porque tengo un trabajo y todos los papeles en regla. Però, al momento,  non può permettersi una soluzione abitativa migliore di quella che ha trovato in via Canali.
Ebbene, per tornare a me, ieri stavo aspettando l'autobus delle 22:02 sotto casa sua per tornarmene a casa mia ed ero tutta intenta a scrutare il tabellone orario delle varie linee, quando una macchina spezza il vuoto della strada deserta e mi si ferma vicino. Dentro c'è un uomo sui 45 anni, spegne il motore e le luci e si mette a frugare nel cruscotto. Evito di guardarlo. Dopo qualche secondo, riaccende motore e fari, inserisce la retromarcia e mi si piazza davanti, nello spazio per la fermata del bus:  sei disponibile? ti va? mi chiede. Io lo guardo dritto in faccia, ho il fuoco negli occhi, mi sento di pietra, una roccia. Non rispondo niente, nemmeno una parola e continuo a fissarlo, facendo cadere tra me e lui una cortina di silenzio. Stai aspettando l'autobus? torna a domandarmi. , è la mia risposta secca, a voce alta e dura, con uno sguardo di quelli di cui in poche siamo capaci quando abbiamo il veleno dentro, lo sguardo di Medusa, che pietrifica. Ah, scusa, io...vorrebbe aggiungere qualcosa, ma la mia espressione severa e altera evidentemente lo coglie di sorpresa, per cui non termina la frase, si stringe nelle spalle e va via.
Neanche il tempo che sparisca all'orizzonte e la scena si ripete identica: altro uomo sui 45 anni, da solo, bianco, italiano, si ferma, spegne la macchina, fa finta di cercare qualcosa nel cruscotto, riaccende la macchina, mi si piazza davanti e mi chiede con voce insicura che fai? hai bisogno di un passaggio? facendomi segno di entrare in macchina con la testa. La mia risposta, preceduta da un'espressione ancora più dura di prima, è ancora una volta un monosillabo, No. Il suo tono della voce è basso, dubbioso, mi scruta meglio vabbè, ho solo chiesto, che ne so io che fai, se aspetti il bus....ma non finisce di terminare il discorso, io sono irremovibile nel mio silenzio e nella durezza del mio sguardo e a lui non rimane che strignersi nelle spalle, mettere la prima e andare via.
Quello che mi ha fatto andare in bestia ieri non è stata tanto la paura che mi potesse accadere qualcosa. La paura non ti fa incazzare e quei due cercatori di sesso mercenario hanno avuto un approccio maldestro, titubante, forse anche vergognoso e si sono ritratti subito, entrambi stringendosi nelle spalle, alla mia risposta secca di indisponibilità. Non ho provato paura, ma rabbia, tanta rabbia, perchè il solo fatto di essere alle 10 di sera in quella strada ha fatto sì che quei due uomini si sentissero autorizzati a ritenermi carne in vendita. E' stato questo sentirmi possibile oggetto in vendita che mi ha fatto salire il sangue alla testa, il dover affermare di non esserlo (il che significa che non fosse scontato) e che quei due non si siano preoccupati di osservarmi un po' meglio, di aspettare 5 minuti, il tempo che passasse l'autobus e che ogni loro dubbio venisse fugato. No, tu sei lì, poco importa che tu sia sotto una fermata del bus. Sei lì, ferma, da sola, di sera, in una strada dove si batte e allora che fai, se non la mignotta? Mica starai aspettando l'autobus per davvero!
Pilar mi ha detto che con lei, che non è italiana, vanno dritto al sodo e le chiedono direttamente quanto vuole. Così, una sta impalata alla fermata di un bus e deve stare a spiegare alle macchine che passano quello che lei non fa di mestiere. Pilar, in quanto donna migrante, ha paura di tutto, tira sempre dritto ed evita i conflitti, perché sa che perderebbe. Ma questa cosa del quanto vuoi  fa salire il sangue alla testa pure a lei, tanto che una volta ha avuto l'ardire di rispondere a un vecchio, mescolando il suo italiano maccheronico all'ispanico, como no te avergogni, puzzi a cementerio.
Pilar e le sue giovani coinquiline dicono di voler comprare lo spray al peperoncino, perchè non si sa mai, magari a qualcuno gli bolle nei calzoni e non si accontenta del diniego. Io no, non ho intenzione di comprare uno spray al peperoncino, ma un coltello a serramanico, perchè se qualcuno tenta di usarmi violenza, non voglio che se la cavi con due lacrime agli occhi, ma che ne versi qualcuna di più e chissà che la prossima volta che gli bolle, riuscirà a trattenersi dallo sfogare "le sue esigenze" su una che sta aspettando il bus di sera. Perchè poi, a fattaccio accaduto, non credo che avrei tanta voglia di stare a spiegare alle autorità competenti che nooo, non ero vestita in maniera succinta, non ero nemmeno truccata e nooo, non ho fatto nulla per provocarlo o indurlo a pensare che fossi disponibile. Stavo solo aspettando l'autobus, alle 10 di un sabato sera, per tornarmene a casa e andarmene tranquilla a dormire.

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