25/10/11

Non è da tutte. L'indicibile fortuna di mantenere un contatto con la realtà.

Ho appena riconsegnato alla biblioteca del centro pari opportunità l'ultimo lavoro di Luisa Muraro, dal titolo Non è da tutti. L'indicibile fortuna di nascere donna, edito da Carocci nel 2011. Non l'ho nemmeno finito di leggere, ma penso proprio di essermi fatta un'idea abbastanza chiara di dove la Muraro, e molte femministe storiche come lei, sia andata a sbattere, idea del resto confermatami anche dalla bibliotecaria del centro pari opportunità.
Il problema di molte filosofe e intellettuali della generazione degli anni 70 è che, fermo restando il loro indiscutibile contributo all'emancipazione femminile, ad un certo punto sono rimaste avviluppate nelle loro stesse idee e da quelle non si sono mosse, rimanendo così intrappolate in una matassa di teorie che, ad oggi, rischiano di essere un po' desuete.

Lasciando per un attimo da parte la selva di teorie femministe esistenti, voglio citare, a sostegno della mia tesi,  le parole di una vecchia militante che ora ha 73 anni, operaia tessile e sindacalista, la quale, qualche settimana fa, con una punta di amarezza mi ha confessato: il problema del femminismo è stato la puzza sotto al naso delle intellettuali, che pretendevano di sapere e capire tutto meglio di noi operaie. Ma nelle fabbriche, eravamo noi a faticare per convincere le altre a votare ai referendum a favore dell'aborto e del divorzio. Ogni tanto ci vuole anche un briciolo di umiltà, ma le intellettuali non ne hanno mai avuto e così hanno finito per parlarsi addosso.
Ecco, parlarsi addosso, è questo che fa Luisa Muraro nella sua ultima fatica di cui non sentivamo proprio il bisogno. Una serie di pensieri confusi e sconnessi, a metà strada tra il memoriale nostalgico e l'autocelebrazione fine a se stessa. Onanismo intellettuale allo stato puro, perchè se è vero che si vuol sostenere l'eccellenza femminile, è altrettanto vero e necessario che poi la si sostanzi di argomenti e dimostrazioni, altrimenti si batte la via dell'esaltazione a prescindere, che fa storcere il muso anche a chi, come me, di quell'eccellenza è una convinta sostenitrice.
Forse la Muraro ha esaurito il suo repertorio e, a mio avviso, chiusa nelle torri d'avorio dei cenacoli filosofici che anima, ha un po' perso il contatto con la realtà, che è fatto di migranti, precarie, maternità senza tempo e senza partner, ragazze madri black bloc, queer che non hanno più paura di uscire allo scoperto e di esistere.  Ma a lei tutto questo mondo variegato e complesso non interessa, perchè in fin dei conti non le appartiene. Per cui, rimasta ferma al dualismo uomo/donna, continua a celebrare la grandezza di quest'ultima rivendicando il diritto a occupare gli spazi sorti dalle macerie del primo.
Del resto, la Nostra è in buona compagnia. Ascoltate quest'intervista a Chiara Zamboni, altra filosofa della differenza sessuale che, come Muraro, gravita nell'orbita della comunità filosofica  Diotima


L'esordio è sintomatico: il desiderio della politica è qualcosa che non è nell'ordine della necessità. Ho capito che la Zamboni si sta rifacendo alla distinzione tra bisogni e desideri e dunque, parlando di desiderio di politica, esclude il bisogno, ma queste sono dissertazioni filosofiche che urticano chi, come me, pur comprendendole avverte contemporaneamente il bisogno e il desiderio di una politica che dia risposte concrete alle difficoltà materiali del vivere quotidiano. Invece niente, la Zamboni imbocca la strada della dissertazione filosofica e su quella si mantiene, rimanendo ingarbugliata nella rete delle astratte disquisizioni che, in pratica, non ci dicono niente, non ci danno risposte e nemmeno stimoli alla riflessione. Insomma, si parla addosso, perchè lei il bisogno, la necessità, non li avverte. Per lei esiste solo il desiderio, dato che i suoi bisogni sono già tutti appagati.
Di tutt'altra natura sono, ad esempio, le donne terre-mutate de L'Aquila che, a partire da se stesse, sono impegnate a ri-fondare la città devastata costruendo nuove basi di legalità, rispetto, dialogo, rimettendo in piedi una quotidianità attraverso le loro stanze, i laboratori tenuti da donne che aspirano a ridare vita al centro storico e a ricondurvi persone attraverso gruppi di discussione su tematiche di interesse comune. Le donne terre-mutate muovono dal contatto con la loro realtà e a questa si mantengono aderenti, perchè avvertono la necessità, oltre che il desiderio, di intervenire sulla contingenza per modificarla, per ri-costruire a partire da sè. Le terre mutate, ma anche  tante altre donne come loro, a differenza delle filosofe hanno necessità di politica, una necessità che scaturisce dal contatto con la realtà. E mantenere questo contatto con la realtà sì che può dirsi, oltre che un privilegio, una indicibile fortuna.


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