04/11/11

Gender Gap Report 2011

Il primo novembre sono stati resi noti i risultati del Gender Gap Report 2011, classifica stilata ogni anno a cura del World Economic Forum sul divario di opportunità tra uomini e donne. L'Italia conferma la posizione che occupava già dall'anno passato: 74 su 135 paesi, staccata di gran lunga dal Burundi (posizione 24) e Mozambico (posizione 26). Cioè, noi che ci vantiamo di vivere in un paese sviluppato, quanto a parità di genere siamo di gran lunga al di sotto dei livelli del Burundi, che nella vulgata comune, dell'uomo da bar, è uno stato terzomondista. 
Una prima delucidazione possono darcela le parole di Saadia Zahidi, coautrice della classifica, la quale precisa  che nei paesi dove il divario tra i generi è minore, vuol dire che c'è stato un incremento degli elementi della competitività economica. Nel mondo ormai l'attenzione è puntata sulla creazione di posti di lavoro e sulla crescita finanziaria e l'uguaglianza di genere è la chiave per sbloccare nuove e stimolanti economie.
Personalmente non concordo con l'importanza attribuita alla crescita economica e finanziaria, ma mi sembra interessante rilevare come l'uguaglianza di genere segni il passo verso un'evoluzione globale della società, aprendo la strada a nuove e stimolanti economie, che auspico siano diverse, anzi proprio antitetiche, al turbocapitalismo che conosciamo e che ci sta spingendo alla bancarotta.
Non mi sembra un caso, allora, che al primo posto campeggi l'Islanda, della cui rivoluzione mi sono già occupata qui. Quindi, l'Islanda, che ha reagito al crack finanziario sfanculando il FMI e nazionalizzando le banche, è poi al primo posto quanto a parità di genere. Singolare coincidenza, direi, che rafforza ulteriormente la mia già ferrea convinzione che le questioni di genere non siano né secondarie, né altra cosa rispetto alle politiche economiche. L'Islanda, con il suo primato nelle politiche di genere e con la sua rinascita economica, è l'ennesima riprova che il grado di civiltà di un paese si misura dalla condizione delle donne che lì vivono. E non trascurerei troppo il fatto che l'Italia si attesta al di sotto del Burundi e del Mozambico, così comedel Botswana (posizione 56), perchè, come afferma un'altra coautrice del Gap Gender Report i gap di genere si riducono quando i paesi li riconoscono come limiti e si occupano della loro diminuzione in termini di imperativi sociali ed economici. A beneficio della società intera.
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